Un pomeriggio alla Scala

Ho assistito alla recita del Macbeth del 19 dicembre 2021, dunque ho trovato calzanti ed anche un po’ inquietanti le parole che Banco canta alla fine del primo atto, poco prima che si scopra che Re Duncano è stato ucciso: “E della terra si sentì il tremore…”. Io il tremore l’avevo sentito forte e chiaro il giorno prima.
La posizione era buona: in platea un po’ spostato verso sinistra, la visione del palco era pressoché perfetta, anche per la mancanza di persone troppo alte davanti a me. Purtroppo un’insufficiente compatibilità fra la poltrona e il mio lato B ha reso un po’ scomoda la seduta.
Per un certo tempo mi sono sentito isolato dal resto degli spettatori, come se stessi guardando un dvd a casa. Quando me ne sono reso conto ho pensato che non dovevo sprecare l’occasione: stavano cantando per me, Anna Netrebko (la diva) stava cantando e anche ballando per me. Vabbè, non era solo per me, ma era bello pensarlo.
Devo dire, se ancora ce ne fosse bisogno, che Orchestra e Coro della Scala sono di un livello eccezionale. Credo che siano ben pochi i teatri al mondo che possono reggere il confronto.
E veniamo ai cantanti.
Luca Salsi (Macbeth) si conferma baritono degno della Scala, dove aveva già interpretato uno Scarpia di grande livello nella Tosca che aveva aperto la stagione 2019-2020. Forse enfatizza troppo certe frasi, ma la voce piena con buona resa anche sui piani e pianissimi lo rendono uno dei migliori baritoni in circolazione oggi.
Anna Netrebko (Lady Macbeth) si mostra un pochino in difficoltà sulle note più alte, probabilmente con il tempo la sua voce si è un pochino abbassata. Ma sul registro centrale e sulle note basse è eccezionale e i suoi pianissimi sono da brivido.
Ildar Abdrazakov (Banco) per me è stato una delusione. Voce intonata per carità, ma “sbandiera” veramente troppo per i miei gusti. E’ stato comunque applauditissimo, segno che la sala non era d’accordo con me.
Francesco Meli (Macduff) è stato molto convincente. E’ la terza volta che lo sento cantare in teatro e di sicuro questa è la recita in cui è riuscito meglio. Di solito è un po’ in difficoltà sulle note alte e indulge al falsetto. Qui invece si è mostrato sicuro e consistente, anche dal punto di vista recitativo.  
La regia: Davide Livermore non si smentisce. Se volete regie tradizionali, evitate le sue. L’idea di collocare il Macbeth in un’azienda moderna in cui i dirigenti si scannano per emergere è buona e mostra, se ce ne fosse bisogno, che la sete di potere è attuale come lo era nell’antica Scozia. Al solito però Livermore alterna soluzioni belle e ben realizzate a momenti di cui si fa fatica a capire il senso. Devo dire che rispetto ad altre sue regie questa mi pare riuscita meglio. Lo sfondo come un film continuo mostra momenti veramente emozionanti ma anche qualche barocchismo che alla fine infastidisce un po’. Ho trovato però di grande effetto la scelta di animare la danza delle streghe (inizio del terzo atto, balletto composto specificamente per la rappresentazione al Grand Opera di Parigi nel 1865, scena che si solito viene tagliata) non con le streghe ma con una coreografia molto bella che coinvolge il bambino e poi anche la Lady. Nel secondo atto, quando appare il fantasma di Banco l’attenzione viene spostata sulla sinistra (per chi guarda) del palcoscenico e quando si cerca nuovamente Banco, questo è sparito !
Ho temuto fortemente per la Netrebko che canta la scena del sonnambulismo su un piano sopraelevato di alcuni metri rispetto al palco, per poi accorgermi che era assicurata alla ringhiera posteriore con un sistema di sicurezza.
E infine Macduff che da buon dirigente, dopo aver ucciso Macbeth, si spazzola il vestito per mostrarsi inappuntabile e poi quando proclama re Malcolm il suo sguardo non è di sottomissione, ma fa pensare che altre invidie potranno svilupparsi nell’azienda, pardon, nel regno di Scozia.
Una nota finale: ma se la Scala vuole avere regie innovative per le sue prime, perché non mette sotto contratto Damiano Michieletto, regista innovativo che raramente sbaglia ? Ho visto un Rigoletto assolutamente geniale ed un Elisir d’amore anch’esso molto bello. Se poi si vuole andare all’estero, c’è il grande Calixto Bieito e soprattutto Robert Carsen, forse il più bravo di tutti. Costano troppo ?

7 pensieri riguardo “Un pomeriggio alla Scala

  1. Commentare un’opera lirica non è tra le cose che faccio abitualmente ma il commento di Giorgio è stato così gradevole, divertente e stimolante che mi è (quasi) naturale esprimere un mio parere.
    Mi è piaciuto leggere le tue riflessioni di “persona che ne capisce”, in particolar modo quelle riferite alle abilità canore dei vari baritoni, tenori, soprani e così via e mi piacerebbe riascoltare alcune parti alla luce delle tue considerazioni. Ho visto l’opera in televisione e non avevo colto nulla di tutto ciò se non che, secondo me, i cantanti erano tutti “spaziali”. Bravi, bravi, bravi! E nel complesso, tutta la rappresentazione mi è piaciuta davvero tanto soprattutto le musiche e le coralità per le quali Verdi, ancora una volta, dimostra di essere un grande. Il coro finale, Dov’è, dov’è l’usurpator! l’ho trovato da brivido e continuo ad ascoltarlo.
    Oltre a quelle delle musiche e delle voci mi hanno colpito le coralità dei movimenti dei ballerini: balletti veramente superbi. Anche questi goduti in pieno grazie alla TV. E che dire di Lady Macbeth, sempre vestita in rosso, l’unica, forse a sottolineare la sua responsabilità nella tragedia, che si cimenta in una danza bellissima, morbida e sensuale.
    Bella anche la regia. La scelta di ambientarlo nel presente e trovare il tutto così calzante è la prova dell’universalità di questa tragedia, di cui tanto si parla. La macchina scenica è stata grandiosa e forse la televisione ci ha dato il privilegio di cogliere dettagli che a voi, spettatori in presenza, possono essere sfuggiti.
    Insomma grande Verdi che ci ha rapito con le sue musiche, grandi i cantanti e i coristi che con le loro voci ci hanno incantano, grande il regista che non ci ha annoiato ma stupito e grande Shakespeare la cui immensa tragedia, per una volta, ha ceduto il podio alla musica.

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    1. Ieri sera (ultimo giorno possibile) ho visto su Raiplay il Macbeth del 7 dicembre. Mi aveva incuriosito quanto scriveva Maria Grazia, sul fatto che chi ha visto l’opera in tv ha potuto fruire di inquadrature che chi era in teatro non ha potuto vedere. Effettivamente, lo spettacolo visto in tv risulta abbastanza diverso da quello visto in teatro: le inquadrature strette e i primi piani hanno reso la regia televisiva molto interessante e mi hanno permesso di notare alcune cose che in teatro non era possibile vedere. Ad esempio i volti: Lady Macbeth già dall’inizio dell’opera ha uno sguardo folle, il suo impazzimento non è altro che la logica conclusione di qualcosa che era in atto già dall’inizio dell’opera.
      Incuriosito dalla presenza di Alberto Mattioli, ho visto anche le interviste effettuate durante l’intervallo e dopo la fine dell’opera e devo dire che la Rai ha fatto un ottimo lavoro: persino Bruno Vespa sembrava simpatico (il che è tutto dire, almeno per me) e mostrava una competenza o almeno una preparazione sull’opera che mi ha sinceramente stupito.
      Nel post precedente ho dimenticato di dire che la scena della morte di Macbeth non è quella che solitamente viene rappresentata, ma quella della prima versione del 1847. Chailly ha un po’ la tendenza a recuperare parti che anche lo stesso compositore ha tagliato e questa in particolare mi sembra una scelta discutibile. Detto questo, come ha dichiarato Mattioli, l’orchestra è stata eccellente e il coro della Scala dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
      Se poi si realizzerà l’anticipazione che ha dato Mattioli sulla prima del 2022, il Boris Godunov di Musorgskij, intensificate il vostro studio della lingua russa.

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  2. Avrei voluto scrivere subito un commento su Macbeth, che ho avuto la fortuna di vedere alla Scala, ma ho sempre rimandato. A distanza di due mesi però mi sembra interessante fare una valutazione su quello che mi è rimasto nella memoria.
    Premetto che non conoscevo l’opera: mai sentito nemmeno un’aria e quindi, senza il testo, non sarei riuscita a seguire quasi niente. Sarà per questo che a distanza di tempo quello che mi è rimasto maggiormente impresso è la scenografia: il viadotto, la scala, l’enorme cancellata… Non so che effetto mi avrebbe fatto vederla in tv, ma a teatro è stato come assistere alle riprese di un film, o meglio, come vedere un film dal vivo, come essere spettatori di un altro luogo e un altro tempo senza l’intermediazione del regista.
    Indimenticabili anche il bagliore rosso di Lady Macbeth e poi i cori, gli impareggiabili cori verdiani. Mi dispiace di non averla vista anche in Tv e di non poter confrontare le due versioni, ma credo che prima o poi ricomparirà e cercherò di non perdermela.

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